Brano: I COMUNISTI E LA LOTTA CONTRO IL COLONIALISMO
« Il colonialismo, questa vergogna del XX secolo)): questa formula, pronunciata molti anni or sono dal leader comunista Jacques Duclos, chi oggi, in un modo o nell'altro, non la riprende e fa propria? Persino un segretario di stato britannico alle colonie, A. Creech Jones, dinnanzi all'anacronistico colonialismo e alle rivendicazioni autonomistiche dei popoli coloniali preconizza (1) delle forme nuove : forme certo liberali, ma che tendono a utilizzare « i nazionalismi come altrettanti fattori costruttivi fino a quando i popoli potranno assolvere da loro stessi i compiti di governo ». Un protestante[...]
[...]ata precisamente a denunciare gli abusi del colonialismo : A. Gide, J. P. Sartre, E. Mounier, A. Camus, R. Wright, P. Naville, M. Leiris, R. P. Maydieu, P. Rivet. Ma resta il fatto che l'accusatore potente, metodico ed efficace, quello che all'occasione sa anche indignarsi liricamente (5), ma che non cessa mai d'agire, quello per cui «la vergogna del XX secolo )) non é soltanto cattiva coscienza, è il partito comunista. Esso pub servirsi, contro il colonialismo, di una base teorica solida, e i suoi militanti agiscono dappertutto, sia oltremare che nel territorio metropolitano. Nostro argomento, pertanto, saranno innanzitutto le basi teoriche del marxismo per quanto riguarda la questione coloniale; poi studieremo certi aspetti della penetrazione comunista in questo campo; ed esamineremo infine le maggiori difficoltà che tale penetrazione incontra nei paesi colonizzati (limitando tuttavia la nostra analisi, in via generale, ai soli territori di quella che in Francia chiamiamo Africa nera).
Karl Marx non ha scritto alcuna opera sul problema[...]
[...]e articoli, pochissimo conosciuti, testimoniano d'una presa di coscienza assai approfondita dell'infelice stato dei popoli colonizzati, che per opera dell'uomo bianco son rimasti tagliati fuori dalle loro basi sociali e culturali tradizionali : « L'Inghilterra ha demolito tutto l'edificio della società indù, senza che possa
(5) V. il bellissimo Discours sur le colonialisme di Armi C sAsxs. Ed. Réclame, Paris 1950.
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ancora scorgersi alcun indizio d'una organizzazione nuova. Questa perdita del vecchio passato non essendo stata caratterizzata dalla conquista di un mondo nuovo, l'attuale miseria degl'Indù è caratterizzata da una specie particolare di malinconia; l'Indostan sotto dominazione britannica é separato da tutte le sue antiche tradizioni e da tutto il suo passato storico ».
Un'altra idea importante espressa in questi articoli é quella del rapporto tra la liberazione dei popoli colonizzati e la rivoluzione proletaria in territorio metropolitano. « Gl'Indù — scrive Marx — non potranno[...]
[...]popoli del mondo, per il parassitismo capitalista d'un pugno di Stati opulenti » (op. cit., p. 168).
L'imperialismo, insomma, corrisponde allo stadio monopolistico del capitalismo; e Lenin riassume così i suoi caratteri fondamentali
(7) LENIN, L'impérialisme stade supérieur du capitalisme, p. 2. Testi riuniti in: Données complémentaires à l'impérialisme di E. VARGA et L. MENDELSOHN. Editions Sociales, Paris 1950.
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1) concentrazione della produzione e del capitale a un grado tale da provocare la formazione dei monopoli;
2) fusione del capitale bancario industriale;
3) esportazione di capitali;
4) formazione di unioni internazionali capitalistiche e monopolistiche, che si spartiscono il mondo;
5) spartizione territoriale del globo da parte delle maggiori potenze capitaliste.
Ma il capitalismo generatore dell'imperialismo « agonizza », poiché, attraverso il sistema dei trusts, esso conduce alla socializzazione della produzione. A questa necessaria « agonia » del capitalismo la pratica marxista contribuisce incitando alla liberazione politica dei popoli colonizzati. In « Il socialismo e la guerra », Lenin difende il diritto dei popoli arretrati a disporre di se stessi; e Stalin, nel 1913, precisa questa politica di liberazione : « La rivoluzione d'ottobre — egli scrive (8) — ha scosso l'imperialismo non soltanto nei territori metropolitani, ma anche nei paesi coloniali e d[...]
[...]isa questa politica di liberazione : « La rivoluzione d'ottobre — egli scrive (8) — ha scosso l'imperialismo non soltanto nei territori metropolitani, ma anche nei paesi coloniali e dipendenti, minando colà la sua dominazione. La liberazione del proletariato è per sua essenza universalista, e il proletariato non pub liberarsi senza con ciò stesso liberare i popoli oppressi ». V'è del resto, continua Stalin, più di un'analogia tra il proletario e il colonizzato : l'uno e l'altro si trovano in una posizione di dipendenza, l'uno e l'altro producono ricchezza senza tuttavia goderne, l'uno e l'altro appartengono alla classe oppressa.
Così « la Rivoluzione d'ottobre inaugurato un'epoca nuova,
l'epoca delle rivoluzioni coloniali nei paesi oppressi del mondo, in alleanza con il proletariato, sotto la direzione del proletariato ». La leggenda secondo cui il mondo sarebbe diviso in razze inferiori e razze superiori, in neri sfruttati e in bianchi sfruttatori, questa leggenda é rifiutata in blocco. La teoria staliniana afferma che « i popoli non e[...]
[...]ifenderanno la libertà di separazione dei
paesi colonizzati, ché «senza di ciò non v'è internazionalismo )); nei paesi colonizzati, per contro, bisogna lottare « per l'indipen
denza politica della nazione e per la sua unione con gli altri stati ». In ogni caso, bisogna lottare contro i ristretti punti di vista nazio
(9) STALIN, Conferenze sui Principi del leninismo fatte all'Università di Sverdlov (aprile 1924).
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nalistici, contro l'isolamento e « per la subordinazione dell'interesse particolare all'interesse generale ». Per gli uni, dunque, lotta per la libertà di separazione; per gli altri, lotta per la libertà d'unione. «Nella situazione qual è, non può esservi altra via verso l'internazionalismo e la fusione delle nazioni » (10).
Stalin fissa con precisione e buon senso gli obbiettivi da perseguire per condurre i paesi colonizzati all'eguaglianza; bisognerà studiare la situazione economica e la cultura, sviluppare questa cultura, sviluppare l'educazione politica e associare quei po[...]
[...]to in aereo a Parigi).
Nel territorio metropolitano, per contro, l'attività d'informazione svolta dal partito comunista è assai intensa; essa riguarda, tra l'altro, gli abusi dell'amministrazione, lo sfruttamento delle masse indigene e il loro basso livello di vita, la mancanza di libertà
(12) V. ANDRÉ JULIEN, Impérialisme économique et impérialisme mondial, in « Chemins du Monde: Fin de I'ère coloniale? », 1948.
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individuale, le questioni culturali. Degli spunti polemici che la situazione dell'Africa Nera offre a questa propaganda, ci si può fare un'idea esaminando le severe critiche rivolte alla situazione stessa da osservatori anche non impegnati politicamente. Così, J. A. Noon (13) nota che « gli europei, appropriandosi di vaste porzioni del continente, hanno limitato la quantità di terre di cui gli agricoltori indigeni possono disporre, ed hanno così costretto larghe masse indigene ad accettare ogni specie di lavoro senza possibilità alcuna di protestare per l'irrisorietà del compen[...]
[...]0 (1947);
(13) La mécanique des bas salaires en Afrique Noire, « Présence Africaine », n. 13, 1952.
(14) La valeur du travail des salariés africains, « Présence Africain », n. 13, 1952.
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nell'A.E.F., su 4 milioni, 150.000 (1949). Il resto della popolazione, che vive della terra, in un certo senso é ancora più esposto agli abusi dei coloni e dell'amministrazione (requisizioni, lavoro forzato).
Perché questa miseria? domanda il comunista. Il suolo e il sottosuolo africani sono dunque così poveri? Gl'indigeni così incapaci? Niente affatto. Cosa son venuti dunque a fare i bianchi in questi paesi? Nient'altro che a far danaro il più rapidamente possibile, per poi andarsene. Ciò che loro importa non è, perciò, di organizzare la produzione e di sviluppare razionalmente le ricchezze del paese. Come scrive il prof. Jean Dresch : « L'economia africana è ancora soprattutto un'economia di tratta » (15). L'europeo si contenta di drenare i prodotti, di ammassarli, e quindi di trasportarli dalla costa in Francia. In cambio, egli i[...]
[...]iardi di franchi investiti da privati nell'Africa Nera prima della guerra — nota il Dresch — ben 10,5 miliardi erano investiti in imprese commerciali, contro 4,9 miliardi nelle piantagioni, 3,383 in imprese industriali, e appena 2 nelle miniere n (16).
(15) V. Le colonialisme économique en Afrique Noire, « Le Musée Vivant u, n. 3637, Paris 1948.
(16) Les trusts en Afrique Noire, « Servir la France n, aprile 1949.
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Del resto, laddove esiste, l'industrializzazione non é concepita che in funzione dei bisogni metropolitani, e non come fattore d'arricchimento e di liberazione della colonia.
Nell'Africa Nera, insomma, tutto é sacrificato all'esportazione, e nessuna accumulazione di capitale è possibile. « Le condizioni per l'accumulazione di capitali necessaria allo sviluppo dei trasporti, delle comunicazioni e dei lavori pubblici, non esistono, talmente il paese dipende dal capitale esterno e dai servizi e dai mezzi tecnici importati» : tale é la conclusione del « Rapporto sulla situazione e[...]
[...] dei lavori pubblici, non esistono, talmente il paese dipende dal capitale esterno e dai servizi e dai mezzi tecnici importati» : tale é la conclusione del « Rapporto sulla situazione economica dell'Africa » pubblicato nel 1951 dall'O.N.U.
Per comprendere la questione culturale quale si pone nell'Africa Nera, e qual é vista dal comunismo nella sua denuncia di certe forme dell'oppressione colonialista in questo campo (17), dobbiamo porre in luce il carattere particolare che assume colà il colonialismo francese. Questo pub certo, all'occasione, assumere delle forme aggressive, ma la sua forma più generale é quella paternalista : forma non meno pericolosa delle altre. Il pregiudizio razziale, per esempio, non ha assunto nell'Africa Nera francese quegli aspetti patologici che ha potuto avere ed ha ancora negli U.S.A. Ma v'è una sufficienza occidentale che non val meglio, in fondo, della psicosi americana. Educato da sempre all'idea della sua incontestabile superiorità (superiorità di diritto divino o superiorità in nome della Ragione, perché la Ragione é bianca e il trascendente ha[...]
[...]ma questi ultimi, almeno, sono presi sul serio : li si teme, li si invidia, e se alcuni vorrebbero vederli morti ciò significa che essi esistono. Il negro, ed è questa la sua maggiore disgrazia, non esiste veramente; come le cose sensibili dell'universo platonico, le quali non esistono che in quanto partecipi delle idee, sole reali, così il negro non ha che un'esistenza relativa alla bianca Idea. Ê un'ombra, e noi siamo il sole. Ne segue che, se il comportamento del negro non s'inquadra nelle categorie del nostro intendimento, non si tratterà d'impotenza nostra, ma di assurdità sua : non saremo noi ad essere accusati d'incomprensione, ma lui ad esser qualificato di « primitivo ». (Bisogna tuttavia osservare che diversi occidentali di mente più aperta hanno superato questo razionalismo dommatico, e lo stesso LevyBruhl, nei suoi Carnets, abbandona onestamente la sua idea circa il carattere prelogico della mentalità primitiva; ma quest'idea s'é ormai molto radicata presso il gran pubblico).
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Date le condizioni di dipendenza dell'africano, si capisce che la teoria ufficiale dell'« assimilazione » venga respinta dai più coscienti, e che i comunisti, dal canto loro, non vedano in essa niente altro che una mistificazione. Il contatto tra popoli diversi— scrive Aimé Césaire — é fecondo in se stesso, ma è funesto e impossibile nel quadro della colonizzazione, poiché colonizzare non è civilizzare, ma « cosificare », ridurre a oggetto, a cosa : assenza di contatti umani, « rapporto di dominazione e di sottomissione che trasforma l'uomo colonizzatore in sorvegliante, guardaciurma, aguzzino, e l'uomo indigeno in strumento di produzione » (19). Per il colonizzato in posizione di dipendenza, dunque, non potrà mai trattarsi di « assimilare », ma di essere assimilato, al che egli si rifiuta con tutte le sue forze.
I comunisti si oppongono anche alla nozione di « négritude », sviluppata da J. P. Sartre in uno studio intitolato « Orphée Noir » (20). Uno dei leaders del Rassemblement Démocratique Afri
(19) AIMÉ CÉSAIRE (deputato della Martinique), L'impossible contact in « Chemins du Monde» n. 5, 1948.
(20) Prefazione all'Anthologìe de la nouvelle poésie nègre et malgache de langue française di L. S. SENGHOR, P.U.F. 1948. Ecco lo schema di ques[...]
[...]ianco stesso una più giusta visione della propria soggettività. E questa soggettività che si manifesta nella poesia negra; ed è la « négritude », ormai pensata più che vissuta — poiché il negro è passato per l'Inferno del mondo bianco, e non coincide più con se stesso — ad ispirare certi temi eternamente ricorrenti nella poesia negra: tali sono il tema dell'esilio, quello dell'Africa lontana, e quello — correlativo — del Ritorno al Paese Natale. Il canto dell'Esilio del poeta negro è quello di tutti i suoi fratelli oppressi.
Sartre cerca quindi di avvicinarsi all'essenza più profonda di questa « négritude ». Essa è, innanzitutto, un certo atteggiamento affettivo nei riguardi del mondo; è « l'esserenelmondo del negro ». Più precisamente, essa è comprensione per simpatia (un po' come l'intuizione bergsoniana, ma ben più violenta), ed è comprensione per amore: «Il Negro testimonia dell'Eroe naturale D. Essa procede dai misteri del sesso.
Essa è anche Passione; sebbene anticristiana, la « négritude » è un modo doloroso di caricarsi di tutte[...]
[...]rata nel quadro della lotta antimperialista », e per conseguenza la cultura dei popoli colonizzati dovrà essere « una cultura nazionale quanto alla sua forma, antiinperialista e democratica quanto al suo contenuto » (23).
Per quanto riguarda la questione dell'insegnamento nell'Africa Nera, i comunisti denunciano la politica seguita dal governo, che nel lontano 1906, per bocca del Congrès des Colons Algériens, già si precisava in questo modo : « Il Congresso, considerando che l'istruzione degli indigeni fa correre all'Algeria un vero pericolo, tanto dal punto di vista economico che da quello della sicurezza del gruppo francese, auspica che l'istruzione elementare degli indigeni
si propone un futuro e una meta. E allora che il cantore negro diviene un militante. Ma non un militante della « négritude », poiché Sartre mostra come questa giunga a superare se stessa per aprirsi sull'uomo: sull'uomo aldilà del proprio colore, nero o bianco.
Dunque la « négritude » è superamento, è amore, ed é per questo che, infine, essa è poema.
(21) «La Nouvelle Critique », n. 7, giugno 1949.
(2Z) « Réflexion sur Orphée Noir » in « Présence africaine »: Les Etudiants vous parlent, n. 14, Paris 1953.
(23) PAUL VERGES, articolo citato.
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venga soppressa » (24). E lo stesso Vincent Aurio[...]
[...]é Sartre mostra come questa giunga a superare se stessa per aprirsi sull'uomo: sull'uomo aldilà del proprio colore, nero o bianco.
Dunque la « négritude » è superamento, è amore, ed é per questo che, infine, essa è poema.
(21) «La Nouvelle Critique », n. 7, giugno 1949.
(2Z) « Réflexion sur Orphée Noir » in « Présence africaine »: Les Etudiants vous parlent, n. 14, Paris 1953.
(23) PAUL VERGES, articolo citato.
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venga soppressa » (24). E lo stesso Vincent Auriol dichiarava nel 1949: « C'è probabilmente bisogno di tecnici, c'è bisogno di diplomati, ma non createne troppi. C'è anche bisogno di capioperai, ma non soltanto di gente che, avendo un diploma e non un impiego, sarebbe forse un elemento di agitazione » (25).
Le cifre ufficiali rispecchiano assai bene questa situazione. Se ïl piano d'investimenti per l'oltremare, nel 1946, prevedeva un 25% per la parte sociale, di cui il 10 % per l'insegnamento, nel 1949 queste cifre sono cadute rispettivamente al 18 e al 5%, il che, tenendo con[...]
[...] bisogno di diplomati, ma non createne troppi. C'è anche bisogno di capioperai, ma non soltanto di gente che, avendo un diploma e non un impiego, sarebbe forse un elemento di agitazione » (25).
Le cifre ufficiali rispecchiano assai bene questa situazione. Se ïl piano d'investimenti per l'oltremare, nel 1946, prevedeva un 25% per la parte sociale, di cui il 10 % per l'insegnamento, nel 1949 queste cifre sono cadute rispettivamente al 18 e al 5%, il che, tenendo conto del calo del potere d'acquisto del franco dal 1946 al 1949, significa che i crediti per l'insegnamento sono stati ridotti nel 1949 ad un sesto di quello che erano nel 1946. Questa era dunque la situazione mentre, sui 17.000.000 di abitanti dell'Africa Nera francese, c'erano appena 100.00 bambini a scuola (26).
Parlando della questione dell'insegnamento nell'Africa Nera, non bisogna trascurare la parte importante che hanno in questo campo le missioni cattoliche. Lo sforzo dei missionari in tale campo é certo, ma non bisogna attenderci da costoro che contribuiscano all'emancip[...]
[...] forzoso stato di dipendenza delle masse indigene, 2) il loro basso grado di istruzione, 3) la debole industrializzazione del paese — costituiscono altrettanti impedimenti che rallentano la penetrazione comunista tra gli Africani. Il solo paese dell'Africa Nera francese in cui sia esistito un partito politico apparentato a quello comunista é la Côte d'Ivoire. Il partito in questione é il già citato R. D. A. (Rassemblement Démocratique Africain), il cui leader, Felix Houphouet, è un uomo potente e di grande prestigio morale nel suo paese. Ma nel 1947 i coloni, sostenuti dall'Amministrazione, cominciarono a provocare degli incidenti in serie che condussero ad arresti e a processi contro i militanti del partito, il quale fini per smembrarsi (27).
Oltre a questa attiva vigilanza del capitalismo, ed ai tre « fattori di rallentamento » già menzionati, esistono altre importanti ragioni che spiegano la lentezza della penetrazione comunista nell'Africa Nera. Le strutture sociali antiche hanno ancora una radice molto forte nella coscienza africana[...]
[...] Le strutture sociali antiche hanno ancora una radice molto forte nella coscienza africana. Nell'africano — ci dicono gli etnografi — l'idea del lavoro é legata a quella del prestigio : « Lo sforzo di chi coltiva, e quello di chi danza in occasione d'una cerimonia religiosa, non sono molto differenti, poiché dal corretto a
(27) V. Les Temps modernes, novembre 1951. D.O.C., Le procès des 400 noirs de Côte d'Ivoire.
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dempimento di questi compiti così eterogenei risulterà per colui che li adempie uno stesso beneficio: godere del prestigio dell'« uomo buono » che ha saputo nutrire il prossimo coltivando o che ha saputo, danzando, suscitare delle forze che tendono anch'esse ad assicurare la sussistenza della collettività » (28). Non v'è, per il negroafricano, un individualismo del lavoro; egli lavora per il proprio gruppo, per la propria famiglia. Nel suo proprio ambiente, dunque, il lavoratore non è un individuo alienato da se stesso, che abbia da opporsi a qualcuno che lo impiega o che lo sf[...]
[...]13, p. 82.
(29) La notion africaine de travail di J. CL. PAUVERT, « Présence Africaine », n. 13. J. Cl. Pauvert, insiste anche sulle concezioni religiose che sono intimamente legate alla nozione africana del lavoro.
(30) Données statistiques sur la structure de la maind'oeuvre salariée et de l'industrie en Afrique Noire, in « Présence Africaine », n. 13.
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presenti ancora che lo 0,2 % della popolazione totale. Per l'A.E.F. e il Cameroun, i salariati costituirebbero lo 0,3% della popolazione totale. La classe operaia africana, e in particolare i lavoratori dell'industria, non costituiscono dunque ancora che una piccola minoranza, e non ci si deve pertanto attendere che essi possano esercitare per ora una funzione politica importante. Non si deve neppure, tuttavia, dimenticarne l'esistenza: Pierre Naville ricorda a questo proposito l'esempio della Cina, che, con i suoi 400 milioni d'abitarti, non contava prima del 1940 che 2 milioni di lavoratori dell'industria.
Questa classe operaia africana non ha ancora raggiunto, p[...]
[...]Privato Totale
C.G.T. 18.500 24.000 42.500
Autonomi 2.500 15.000 17.500
C.F.T.C. 1.500 7.000 8.500
C.G.T.F.O. 1.000 1.000
Un totale, dunque, di 69.500 lavoratori sindacati su una popolazione di 232.000 salariati e su una popolazione complessiva di 16.000.000 di abitanti. Nell'A.E.F., su 190.000 lavoratori salariati
(31) PIERRE NAVILLE, Notes sur le syndicalisme en Afrique Noire, «Présence Africaine H, n. 13.
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nel 1949, non più di 8.000 erano sindacati. Quanto ai programmi rivendicativi dei sindacati africani, essi riflettono — osserva P. Naville — due tendenze assai nette : in base alla prima, si esige la parità di trattamento con gli europei e l'accesso agli stessi diritti; in base alla seconda, si esige piuttosto il riconoscimento di diritti specifici degli africani, indipendentemente dalla situazione dei bianchi. Delle due tendenze, la più forte è la prima. Così la Con f érence des Travailleurs d'OutreMer della C.G.T, che ha avuto luogo a Parigi nel 1951, ha chiesto l'estensione [...]
[...]ei bianchi. Delle due tendenze, la più forte è la prima. Così la Con f érence des Travailleurs d'OutreMer della C.G.T, che ha avuto luogo a Parigi nel 1951, ha chiesto l'estensione ai territori africani degli statuti applicati in Francia a tutti i dipendenti dello Stato, come pure l'uguaglianza tra lavoratori europei e lavoratori coloniali per quanto riguarda le assicurazioni infortuni, gli assegni familiari e la Previdenza Sociale.
E certo che il capitalismo europeo, necessariamente condotto a industrializzare i paesi d'oltremare, non potrà neppure impedire lo sviluppo del sindacalismo africano, la sua organizzazione e il formarsi della nuova coscienza delle masse proletarizzate come classe sociale. Quale che sia dunque l'attuale debolezza della classe operaia africana, pub dirsi che si va precisando un avvenire in cui essa potrà pretendere al suo riconoscimento in quanto tale.
Diciamo, per terminare, che nella preparazione di questo avvenire non si dovrà trascurare lo sforzo di una élite intellettuale africana che é certo ancora giova[...]
[...]o. Questa gioventù si istruisce nelle ,università del territorio metropolitano, conseguendovi i principali diplomi; se una parte di essa si prepara a dedicarsi, una volta tornata in Africa, a professioni liberali su un piano borghese, un'altra parte mette in primo piano il perseguimento di un ideale politico francamente rivendicatore e liberatore. Tra gli studenti africani della metropoli v'è completa unanimità sulla questione della lotta contro il colonialismo, ma, per quanto concerne i metodi di questa lotta, esistono due correnti (32): la cor
(32) DAVID DIM', Etudiant africain devant le fait colonial, in «Présence Africaine », n. 14, Paris 1953.
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rente nazionalista e la corrente progressista. I progressisti, raggruppati nell'associazione degli studenti R.D.A., non separano la propria lotta da quella del proletariato mondiale e del partito che li rappresenta. I nazionalisti, senza sconfessare certe posizioni comuniste, si preoccupano tuttavia di porre in risalto certe differenze del loro atteggiamento di fronte al f[...]
[...] », n. 14, Paris 1953.
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rente nazionalista e la corrente progressista. I progressisti, raggruppati nell'associazione degli studenti R.D.A., non separano la propria lotta da quella del proletariato mondiale e del partito che li rappresenta. I nazionalisti, senza sconfessare certe posizioni comuniste, si preoccupano tuttavia di porre in risalto certe differenze del loro atteggiamento di fronte al fatto coloniale. In un articolo il cui titolo è già un programma: u L'unica via d'uscita: l'indipendenza totale. Il solo mezzo: un vasto movimento d'unione antiimperialista » (33), Maghemout Diop esprime nettamente queste distinzioni: l'unanimità circa l'antiimperialismo non impedisce ai comunisti e ai popoli coloniali di avere atteggiamenti differenti di fronte al capitalismo. Gli obbiettivi immediati non sono gli stessi. Per i comunisti, la lotta essenziale è quella contro il sistema capitalista. Per
i popoli colonizzati, é quella contro l'imperialismo. In altre parole, mentre i comunisti preparano la rivoluzione sociale che [...]
[...]t Convention (U.G.C.C.) nacque tra gli intelletuali negri delta Costa d'Oro nel 1945; ma esso non seppe riunire le masse popolari e indirizzarne a fini pratici il malcontento finché, nel 1947, il posto di segretario generale non fu assunto dal dort. N'Krumah, di ritorno dall'Europa. Nacquero però anche, all'interno del movimento, dei dissensi che portarono alla sua scissione (1949) ed alla costituzione della sua ala sinistra in un nuovo partito, il Convention People's Party (C.P.P.), sotto la guida di N'Krumah. Il C.P.P. mise in programma la lotta per l'autonomia immediata del paese e invitò il popolo alla disobbedienza civile e alla noncollaborazione, ciò che portò all'incarcerazione
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è al centro delle discussioni tra le giovani élites di cui dicevamo. Ma queste discussioni, e il prestigio di quell'opera esemplare, non superano il ristretto cerchio di quei giovani intellettuali attualmente tagliati fuori dal loro ambiente. L'avvenire dell'Africa Nera francese potrà dunque esser segnato dalla loro presenza, ma é sulle basi determinanti dell'industrializzazione e della lotta sindacale che quest'avvenire sembra prepararsi più sicuramente.
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dei suoi capi. Ma la base tenne fermo e, alle elezioni del 1950, il successo del C.P.P. fu cosí vasto da p[...]
[...] il ristretto cerchio di quei giovani intellettuali attualmente tagliati fuori dal loro ambiente. L'avvenire dell'Africa Nera francese potrà dunque esser segnato dalla loro presenza, ma é sulle basi determinanti dell'industrializzazione e della lotta sindacale che quest'avvenire sembra prepararsi più sicuramente.
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dei suoi capi. Ma la base tenne fermo e, alle elezioni del 1950, il successo del C.P.P. fu cosí vasto da preoccupare il Colonial Office, che fu costretto a liberare N'Krumah — ormai divenuto eroe popolare — ed a tollerarne la presenza alla presidenza del governo della Costa d'Oro.